Per la festa della vergine e martire Santa Lucia, i bambini del plesso Neviera si sono preparati a recitare un fantastico inno e a cantare delle canzoni in suo onore.
La mattina alcune mamme si sono recate nella nostra classe per portare, come da tradizione, la cuccia.
Subito dopo siamo scesi nell’androne, nella grande sala e insieme ai bambini delle altre classi abbiamo recitato e cantato: come sempre ha assistito alle nostre esibizioni la dirigente, che ci onora della sua presenza e ci spinge sempre a fare meglio.
C’era anche padre Giovanni che, con molto entusiasmo, ci ha parlato un po’ di Santa Lucia e della sua vita.
Lucia nasce a Siracusa alla fine del III secolo in una famiglia nobile e ricca. Da piccola rimane orfana di padre e con la madre sono costrette a professare di nascosto la religione cristiana per sfuggire alle persecuzioni. Lucia era stata promessa in sposa ad un giovane pagano, ma lei non aveva alcun interesse per il matrimonio, ma piuttosto era molto forte l’amore che nutriva nei confronti di Dio. Sua mamma inizia a stare male, cosi la convinse a recarsi in un pellegrinaggio a Catania presso la tomba di Sant’Agata, per chiedere la grazia della guarigione. Finita la messa Lucia prega sul sepolcro, ed era tanta la stanchezza che si addormentò, e in sogno le apparve Sant’Agata che promise la guarigione della madre e le anticipa che sarebbe diventata Santa. Subito la mamma ritornò a stare meglio, così le annunciò che non voleva sposarsi, ma voleva dedicarsi ai poveri della città, donando loro tutto ciò che possedeva.
Quando la notizia arriva alle orecchie del suo pretendente, preso dalla rabbia la denuncia all’arconte di Siracusa, Pascasio, che subito la fa arrestare. Durante il processo Pascasio cerca in tutti i modi di convincere Lucia a rinunciare alla sua fede cristiana, ma lei rifiuta e viene anche insultata, dunque i soldati le si avvicinarono per portarla al postribolo
( luogo del disonore), ma lei miracolosamente diventa irremovibile.
Tutti iniziarono a pensare che fosse una strega, così Pascasio ordina che fosse cosparsa di urina e di riprovare a muoverla con i buoi, ma gli animali non riescono a spostarla, a questo punto l’arconte, infuriato ordina che venga bruciata. Cosparsa di pece e olio, il corpo di Lucia viene avvolto dalle fiamme, ma non brucia. Alla fine Lucia viene decapitata con un colpo di spada. Si narra anche che le furono strappati gli occhi, per questo lei divenne la protettrice della vista, anche se non ci sono fonti ufficiali su questo terribile gesto.
Il simbolo degli occhi sulla coppa, o sul piatto, sono da ricollegarsi alla devozione popolare, che l’ha sempre invocata protettrice della vista.
Il 13 Dicembre del 304 muore da martire e il suo nome e quello di Siracusa diventano famosi in tutto il mondo.
Un testimone oculare attesta che il 13 maggio del 1946 una colomba fu vista volteggiare dentro la Cattedrale durante la messa.Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunziò l’arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. Tutta la popolazione vide in quella nave la risposta data da Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte per porre fine ad una grave carestia di cui era stata colpita tutta la Sicilia. Dopo il miracolo, la gente decise di bollire il grano con olio d’oliva e fu così che nacque la cuccia, il cui nome deriva da “ coccio” cioè chicco.
Anche se oggi la ricetta è stata del tutto rivisitata e resa più golosa. Infatti quando siamo saliti in classe la cuccia preparata dalle mamme era con crema di cioccolato; a me non è affatto piaciuta, io di mio non sono molto golosa, avrei preferito mangiarla con olio e sale, anche se non ci vado per niente pazza.
La statua marmorea di Santa Lucia è conservata nella cappella della Chiesa Madre, oggi Santuario Mariano, realizzata da Antonello Gagini, scultore e architetto del Rinascimento.
Il giorno di Santa Lucia dalla tavola dei mistrettesi e dei Siciliani vengono banditi alcuni alimenti che contengono carboidrati: pane, pasta, biscotti… e si mangia solo la cuccia accompagnata da legumi e verdure.
Però non proprio tutti riescono ad astenersi da tutto, infatti è nata l’ usanza di mangiare gli arancini.
Il giorno della festa, come sempre, sono andata dalla nonna ed è venuta a farci visita una vecchia zia, che io neanche conoscevo, infatti si è trasferita al nord dai suoi figli, abbiamo iniziato a chiacchierare sulle origini della festa e d’un tratto mi ha recitato una fantastica filastrocca in siciliano, che le ho fatto ripetere un sacco di volte, lei ha capito che mi piaceva troppo così ha proposto di farmela scrivere.
Lu miraculu di Santa Lucia
Mi rissi me nanna quann’ era nica:
“Ora ti cuntu ‘na storia antica”
‘Ncapu li ammi fi fici assittari
e araciu, araciu si misi acuntari:
( Mi ha detto mia nonna quando ero piccola
“Adesso ti racconto una storia antica
Mi ha fatto sedere sopra le ginocchia
e adagio, adagio, cominciò a raccontare:)
“ Ci fu ‘na vota, a Siracusa
‘na caristia troppu dannusa.
Pani ‘un cinn’era e tanti famigghi
‘unn’arriniscìanu a sfamari li figghi.
( Vi fu un tempo, a Siracusa
una carestia troppo dannosa.)
Pane non ce n’era e tante famiglie
non riuscivano a sfamare i figli.)
Ma puru ‘mmenzu a la disperazioni
nun ci mancava mai la divizioni
e addumannavanu a Santa Lucia
chi li sarvassi di la caristia.
(Ma anche in mezzo alla disperazione
non mancava mai la devozione
e chiedevano a Santa Lucia
che li salvasse dalla carestia.)
Un beddu iurnu arrivà di luntanu
rintra lu puortu siracusanu
‘na navi carica di furmientu
a ‘liberarli ri ‘ddu turmientu. .
‘Pi li cristiani la gioia fu tanta
ca tutti griravanu “ viva la santa!”
(Un bel giorno arrivò da lontano
dentro il porto siracusano
una nave carica di frumento
a liberarli da quel tormento.
Per la gente la gioia fu tanta
che tutti gridavano “viva la santa!”)
Picchì fu grazii a la so ‘ntercessioni
ch’avia arrivatu ‘dda binirizioni.
Tutti accurrìanu a la marina,
ma ere furmientu, ‘unn’ere farina
e cu un pitittu ch’un facia abbintari
‘un c’era tiempu di iri a macinari.
(Perchè, fu, grazie alla sua intercessione,
che era arrivata quella benedizione.
Tutti accorsero sulla spiaggia,
ma era frumento e non era farina
e con l’appettito che non dava tregua
non c’era tempo di andare a macinare.)
Pi mettirisi subitu ‘nsarvamientu
avìanu a cociri lu stessu furmientu
e pi la forma “a coccia” ch’avia
accuminciarunu a chiamalla “cuccia”.
( Per mettersi subito in salvo
dovevano cuocere lo stesso frumento
e per la forma a “coccia” che aveva
cominciarono a chiamarla “cuccia”.)
La bona nova arriva luntanu
e pi sta martiri siracusana
fu accussì granni la venerazioni
chi fici nasciri ‘na tradizioni. .
(La buona notizia arrivò lontano
e per questa martire siracusana
fu così grande la venerazione
che fece nascere una tradizione.)
Passà lu tiempu di la caristìa
e arristà l’usanza, pi Ssanta Lucia,
di ‘un fari pani,di ‘un cociri pasta,
e di mangiari la cuccìa e basta.
(Passo il tempo della carestia
e rimase l’uso, per Santa Lucia,
di non fare pane, di non cuocere pasta,
e di mangiare la cuccia e basta.)
Ma lu sapiemu, ci voli picca
e l’usanza di scarsa addiventa ricca.
A ognunu ci vinni la bedda pinzata
di priparalla chiù elaborata.
(Ma lo sappiamo, che ci vuole poco
che l’usanza da scarsa diventa ricca.
Ad ognuno gli è venuto un bel pensiero
di prepararla più elaborata.)
Cu ci mittia lu biancumanciari
e cu vinu cottu ci vosi ‘mmiscari.
Cu ci vulìa lu meli ri ficu
e tanti atri cosi chi mancu ti ricu.
(Chi ci ha messo la crema
e chi ci volle mischiare il vino cotto
Chi i voleva il miele di fico
e tante altre cose che nemmeno ti dico)
Ma vulissi sapiri, a la fini,
di runni spuntaru li beddi arancini?
E m’addumannu di quali manu
nasceru panelli e risattianu”.
(Ma vorrei sapere, alla fine,
da dove sono spuntati i belli arancini?
E mi chiedo da quali mani
sono nati panelli e risotto.)
E a mmentri chi me nanna si sfirniciava ,
a mia lu stomacu mi murmuriava
e mi riurdu chi ci avissi rittu:
“nonnò, zittemunni ch’haiu pitittu!”
(E mentre che mia nonna pensava,
a me lo stomaco mi mormorava
e mi ricordo che le avessi detto:
“nonna zitta perché ho appetito)
Questa filastrocca l’ho trovata molto bella e divertente, e rispecchia un po’ quello che noi facciamo: in un certo senso modifichiamo le tradizioni e le rendiamo proprie, non facendo mai mancare le occasioni per banchettare e stare insieme. Fino ad oggi non conoscevo perfettamente la storia di Santa Lucia, ora che la so ritengo che sia stata una donna molto coraggiosa, sacrificando la propria vita per servire Dio, dimostrando a tutti che di fronte al vero amore si è disposti a tutto. Andando a messa, mi capitava di avvicinarmi alla statua, di recitare qualche preghiera e fra me e me mi chiedevo perché tenesse in mano un piatto con sopra gli occhi e mi chiedevo anche, perché proprio quel giorno si mangiasse solo cuccia, ricevevo sempre delle risposte generiche, ma oggi grazie alla scuola, alle mie maestre e alla preside so molte cose.
Quindi che dire “W la scuola” che ci forma, ci educa e ci prepara ad affrontare la vita, con tutte le difficoltà. Greta Scalone