Il fine giustifica i mezzi, ma non quelli di trasporto!

Il Sindaco e l’AMT Catania nel mirino, la situazione peggiora. Maggio 2016 conta già due scioperi del personale, sindacati in guerra, e numerose lamentele dei cittadini.

A detta degli intervistati, non è un segreto che i mezzi pubblici catanesi non siano mai stati il fiore all’occhiello del capoluogo: “ritardi, guasti e scarsa manutenzione sono all’ordine del giorno!” esclama una donna indignata, “Catania? Non è città adatta ai mezzi pubblici” replica ancora un docente universitario che vanta una recente collaborazione con l’azienda metropolitana trasporti.

Ma ormai da diversi mesi si percepisce un’aria di malcontento anche tra i dipendenti. I sindacati scendono in campo: Giovanni Lo Schiavo della Fast Confsal dichiara “L’azienda è morosa per quanto riguarda i contributi Inps e il fondo di previdenza”. Il sindacalista continua la sua denuncia citando pessima organizzazione dei turni (che arrivano fino a nove ore) e precarietà.

“Stiamo lavorando tutti insieme perché la situazione torni al più presto alla normalità” sono le parole del Sindaco dopo aver discusso con gli assessori regionali e con AMT. Ancora una volta il sindacato e i dipendenti fanno sentire la loro voce giudicando le parole del comunicato stampa come “inaccettabili” in quanto, secondo loro, la responsabilità del problema non si può “addebitare agli autisti che devono subire il linciaggio dei cittadini stanchi ed esasperati” ma piuttosto è colpa di una pessima dirigenza da parte dei vertici amministrativi.

Solo su una cosa concordano le diverse parti in causa: l’azienda “momentaneamente” rende un pessimo servizio.

In questi momenti di totale disorientamento la società ha bisogno di un “moderno Machiavelli”, magari munito di tablet al posto della pergamena, e di un Social invece di una pubblicazione, che con una critica costruttiva ne evidenzi i problemi e ne illustri la soluzione.

Forse il vero problema della città di Catania, poiché la “questione AMT è solo la punta dell’iceberg”, è l’assenza di un Machiavelli.

“Il principe”, pensata come “alternativa”, consentiva un paragone con una società evidentemente malfunzionante, alternativa che evidentemente al giorno d’oggi manca.

di Laura Pappalardo e Dario Toscano