Un’attività di orientamento tutta particolare.

Il progetto “Orientamento” che accompagna l’alunno dall’Infanzia alla Scuola Secondaria di 1 grado, si conclude in III media con un piccolo stage presso l’Istituto Superiore A. Manzoni di Mistretta. Quest’anno il nostro Istituto “T. Aversa” ha programmato  per le seconde e  terze classi, un’attività  con il liceo relativa al matrimonio tra l’800 e il 900, scaturita da un lavoro precedentemente svolto dagli alunni del liceo classico, presentato al palazzo Mastrogiovanni Tasca.

Nel mese di ottobre, noi alunni della Scuola Secondaria di primo grado, abbiamo visitato una mostra al palazzo “Mastrogiovanni Tasca” sui beni dotali relativa al matrimonio. In quella occasione abbiamo letto documenti che descrivevano la dote degli sposi e la loro destinazione in caso di morte di uno dei due; abbiamo visto delle immagini di matrimoni del passato e dei documenti di viaggi di nozze. Tra i beni che venivano dati in dote non potevano mancare il corredo, l’abito da sposa, i dolci tipici e i liquori ad essi legati.

 Da tutto ciò è scaturito il desiderio di saperne di più e per questo  ogni classe ha scelto di approfondirne un aspetto: la II B ha preferito esaminare la tematica del fidanzamento ieri e oggi, la II A   il giorno della celebrazione del matrimonio: dai preparativi, al rito ecclesiastico, al rinfresco, la IIC sul corredo. Attraverso ricerche, interviste ai nostri nonni, abbiamo appreso che il fidanzamento e il  matrimonio erano dei  momenti importanti della vita, addirittura un’occasione di festa che coinvolgeva tutta la comunità.

Nel passato erano i genitori a combinare il matrimonio, “Niente amori sentimentali, niente idilli”, dice G. Pitrè e come recita un detto siciliano l’età per contrarre il matrimonio era:”A fimmina di diciuotto e l’omu di vintuotto”. Le mamme cominciavano a preparare il corredo per le figlie femmine subito dopo la nascita, “A fimmina ‘nta la fascia e u curredo ‘nta la cascia”.

La dote, cCORREDO-1-350x768he era costituita dalla “roba” (case, terreni, proprietà, argenti ecc.) o da denaro contante,infatti fino al 1975 la dote era un bagaglio indispensabile e obbligatorio per la sposa e un onere necessario per padri e fratelli: non averli era per una donna una vera e propria tragedia, un ostacolo nel trovare un marito.
Ovviamente la dote era proporzionata alle possibilità della famiglia della sposa e allo status sociale dello sposo a cui veniva concessa. Dopo le nozze la dote non diventava di proprietà dello sposo ma era da lui soltanto gestita: alla sua morte la dote veniva restituita alla moglie che da quel momento era libera di disporne. Se invece moriva prima la moglie, senza aver messo al mondo dei figli, il marito era tenuto a restituire la dote alla famiglia della sposa.

Ai tempi dei nostri nonni, otto giorni prima del matrimonio, la sposa usava mettere in bella mostra “la biancheria esposta” (tutto il suo corredo di sposa) per tre giorni. In quell’occasione gli invitati alle nozze portavano i regali e ammiravano la bellezza di questo corredo; a loro si offriva “calia, simenza”, (semi vari tostati), noccioline,frutta fresca (la frutta allora era considerata un bene voluttuario) e “rasoliu” (liquore fatto in casa).1998 La biancheria, data in dote dai genitori alla sposa, comprendeva: tovaglie da tavola, lenzuola matrimoniali, asciugamani di lino, scialli, sciallini, grembiuli, vestiti e camicette, inoltre: “causi di tila, bustidda (o bustina), suttana e pacchiana” (mutande, reggiseno, sottana e camicia da notte). Ad eccezione delle persone più povere, il corredo era composto da 12 pezzi o multipli di 12, conservati in cassapanche di legno e dettagliati per iscritto su una lista.  in più c’erano le coperte, le tende, ecc. Le lenzuola erano orlate a punto a giorno, ricamate e lavorate a traforo.dote Alcuni di questi manufatti, fra i più pregiati per qualità e motivi ornamentali, spesse volte non erano usati per tutta la vita oppure occasionalmente in qualche circostanza, come  puerperio o malattia. Gli asciugamani di lino, riccamente lavorati, erano usati solamente, quando si aspettava la visita del medico o di qualche ospite; in quell’occasione, l’asciugamano si appendeva (quasi in bella mostra) alla “vacilera” di ferro battuto, con “vacili” e “cannata” (brocca) di lamiera smaltata, pieni d’acqua. Accadeva,inoltre, che la biancheria veniva valutata, ai fini della dote, da due donne di fiducia ed elencata in una “minuta”.

Il giorno del matrimonio, la sposa si recava in chiesa a piedi.matrim3 Il pranzo aveva luogo in casa con i familiari più stretti, il trattenimento avveniva la sera, in casa con le cosiddette “passate” di dolci con i liquori preparati in casa(ogni liquore,di colore diverso, si accompagnava al relativo dolce).Il banchetto di nozze era molto semplice e rapportato allo stato sociale della famiglia degli sposi (tarallucci e vino).  La bomboniera era costituita da un vassosio “inquantera” con i dolci tipici mistrettesi (2 pezzi di pasta reale, due di torroncini,ecc)* matrim15

Tutte queste notizie, sono giunte a noi, grazie alla testimonianza di documenti molto antichi dove troviamo registrato tutto quello che comprendeva la dote, ed al racconto di nonni e bisnonni che sono un bene prezioso in quanto il loro sapere, dovuto alla grande esperienza, è infinito. Se facciamo dei confronti tra i matrimoni del passato e quelli di oggi possiamo capire come in precedenza la gente valorizzasse   le tradizioni di quel tempo, e come oggi, invece, non si tenga più conto di tutte le  antiche usanze che ci legano  al passato. Tutto il lavoro è stato presentato il giorno dello stage,  per l’attività di orientamento, al liceo sia Classico che Scientifico.

Gli alunni delle classi seconde sez. A, B, C.