Il 17 aprile di quest’anno gli italiani sono stati chiamati alle urne per esprimere ancora una volta il loro diritto al voto riguardo la questione delle trivelle, attraverso uno dei mezzi più democratici che la Repubblica Italiana possa offrire: il referendum. Per la prima volta l’Italia si è confrontata con una richiesta proveniente da ben 9 consigli regionali, la maggior parte dei quali gestiti da governatori del PD, in aperto contrasto con le politiche energetiche del segretario del loro partito Renzi. Il quesito, alquanto tecnico, chiedeva agli elettori di decidere se permettere che l’estrazione di idrocarburi nei giacimenti presenti entro le 12 miglia dalle coste italiane durasse fino alla fine del giacimento stesso (votando NO) oppure fino alla fine delle concessioni stabilite (votando SI).
Alle urne si sono presentati il 31,18 % degli aventi diritto al voto, in barba all’articolo 48 della Costituzione che recita espressamente: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico». Rifiutando volontariamente di esercitare un proprio diritto acquisito dopo secoli di lotte per la libertà (ma quale libertà?) gli Italiani sono arrivati all’apice della loro indifferenza. Mai in un referendum si era registrata una partecipazione così esigua. Dall’87,72% di affluenza del 1974 al referendum sul divorzio, al 79,38% del 1981 al referendum sull’aborto, al 54,79% del 2011 al voto sul nucleare, ultimo referendum popolare che ha goduto del raggiungimento del quorum. L’Italia è visibilmente colpita dalla malattia dell’astensionismo, che si è registrata anche alle ultime elezioni politiche ed europee. Un paese che non vota più è un paese che si rifiuta di essere parte attiva, che ha scelto di arrendersi ai giochi del potere, lo stesso che vive di astensionismo. Ed è proprio il presidente del consiglio, accompagnato dal presidente emerito della Repubblica e dai ministri del suo governo, ad annunciare apertamente e senza vergogna che: «L’astensione è una scelta legittima». La quarta più alta carica dello Stato, nonché il responsabile effettivo delle decisioni governative all’interno del nostro paese, invita gli elettori a non esercitare la propria libertà di voto e a rifiutare la partecipazione ad un mezzo propriamente e squisitamente democratico, per difendere gli interessi economici dei magnati del petrolio.
I cittadini, già visibilmente sconfortati da un panorama politico che non offre più il dibattito ideologico che, con tutti i suoi difetti, caratterizzava la prima Repubblica e che ha portato alle urne 9 elettori su 10 nel 1974 e nel 1981, non solo hanno smesso di interessarsi alle questioni politiche, ma hanno dato ragione a Matteo Renzi, che rompendo qualsiasi principio di responsabilità che la sua posizione istituzionale gli avrebbe dovuto conferire, si permette di influenzare il voto e di dirottarlo a suo piacimento, dimostrando ancora una volta una prepotenza e un protagonismo che sanno molto di berlusconismo. Ecco i falsi eredi di quel che dal dopoguerra in poi si fece promotore dei più famosi e importanti referendum della storia Italiana, e che oggi è un partito che invita all’astensionismo, quando c’è da difendere interessi volutamente taciuti dai mezzi d’informazione, e invita al voto quando c’è da difendere il mantenimento del potere. Sarà il referendum del prossimo Ottobre, per la modifica costituzionale, a mostrare improvvisamente un governo promotore dell’esercizio del voto, che sia però come vogliono loro.
Mario Libertini