Perché al “centro” serve abbondare la periferia

corsoPiù di 40 anni fa Pasolini nell’articolo “Acculturazione e Acculturazione” del 1973 mise in evidenza come il “centro” omologante e fagocitante stesse lentamente distruggendo le minoranze culturali presenti nella periferia e l’autonomia di quest’ultima. Questa “profezia” si è in parte avverata in tutta Italia,ma con connotazioni diverse al sud. Nel sud Italia fino agli anni 60 del Novecento la popolazione era distribuita in tal modo: i più ricchi,potendo permetterselo,risiedevano nelle aeree urbanizzate,i meno fortunati nei numerosi paesini costieri e dell’entroterra e, infine, chi aveva un attività connessa alla terra,in campagna. Successivamente,il progresso tecnologico ma soprattutto l’accentramento capitalistico,che permetteva solo a chi risiedeva nelle città di poter usufruire del benessere, hanno costretto le popolazioni della campagna a trasferirsi nei grandi centri urbani. Ma se da una parte il centro “cattivo”,volendo citare ancora Pasolini,ha iniziato un processo di omologazione della periferia “buona”,dall’altra l’ha volontariamente trascurata lasciandola al suo terribile destino. Un destino che comprende degrado,povertà,isolamento e controllo da parte delle criminalità organizzate. Perché anche se è brutto sentirlo dire,la verità è che la vita del sud Italia è fortemente condizionata dalle Mafie.

Anche se apparentemente sconnessi i due fenomeni,lo sfruttamento del centro e l’affermazione delle criminalità organizzate al sud, sono in realtà fortemente legati dallo stesso principio. E’ palese come in assenza dello Stato il vuoto venga colmato dai poteri che fanno della profonda “radicalizzazione culturale”,il loro punto di forza.
Per di più nel caso di Palermo,Catania,Napoli e Bari (forse le città del panorama meridionale più influenzate da questo fenomeno),le periferie oltre ad essere abbandonate,sono sfruttate e opportunamente utilizzate dal centro a causa del disagio in cui vivono quotidianamente i suoi residenti. Nella fattispecie a Catania noto personalmente come le amministrazioni comunali che si sono susseguite negli ultimi 40/50 anni (DC,PDL,PD) oltre ad aumentare questo divario,tra la Catania “bene” e i quartieri popolari all’interno della città e fuori, non hanno fatto altro che approfittare dell’ignoranza e della povertà di questa fetta di cittadinanza per utilizzare queste aeree come bacino di voti e senza nulla fare contro i traffici illegali dei vari clan mafiosi.

Brutalizzando la periferia per far sì che essa potesse rientrare nei canoni tollerati dalla visione edonistica,non si è fatto altro che creare un terreno fertile in cui la criminalità organizzata e i loro commerci illeciti potessero proliferare. A Catania, il quartiere dell’Antico Corso, su cui insiste il nostro Liceo, e la città satellite di Librino,sono l’esempio lampante di come il potere politico ed economico, soffocando ogni tipo di differenza culturale,e lasciando un vuoto di potere “reale”,ha permesso che la struttura sociale, che un tempo era presente nelle periferie in modo autonomo e, tutto sommato, sano, morisse, in favore di una struttura povera sia economicamente che culturalmente e destinata ad un continuo sfruttamento.
In una paese “occidentale” o almeno culturalmente avanzato come all’apparenza si manifesta il nostro è impensabile che ci siano realtà come i quartieri “periferici” di Scampia o di Librino nei quali il potere mafioso per mantenere il controllo è strettamente legato ad un potere politico marcio e allo stesso tempo sorretto da una struttura economica di tipo capitalistico neo-liberale che oltre a distruggere le minoranze culturali,ha azzerato le possibilità di progresso di queste realtà,tanto scomode quanto utili. Non esiste una soluzione immediata a tale problema,ma solamente con un impegno costante da parte delle istituzioni per far sì che i tanto esaltati “diritti civili” vengano attuati e una rivoluzione culturale è possibile sperare in un cambiamento effettivo.

Dario Arena