LA FUGA DI CERVELLI

“Il problema della possibilità di successo culturale dei giovani italiani.”

Al termine del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado, ogni studente, spinto dalla voglia di poter realizzare i propri sogni, si trova di fronte alla scelta della facoltà universitaria ideale. Da diversi anni tale scelta per gli studenti italiani è diventato un grosso problema, in quanto l’Italia sta vivendo un momento di grave crisi per quanto riguarda la possibilità di trovare lavoro, e il possesso della laurea sembra non facilitare tale ricerca.
E allora non resta altro da fare che partire.

fuga dei cervelli 1

Ma chi fa le valigie?
E’ disposto ad abbandonare il proprio Paese per lavorare chi ha già sperimentato uno spostamento all’estero per motivi di studio (come Erasmus). Secondo “Almalaurea” vi sono particolari differenze rispetto al percorso di studi intrapreso: i laureati del gruppo scientifico sono i più mobili (43%), seguiti da agraria e veterinaria (42%) e dal settore linguistico (41%). Si spostano di meno i laureati nei percorsi di insegnamento (25%), delle professioni sanitarie (26%) e giuridiche (27%). C’è da dire che una buona parte di questi “cervelli” riesce a “spiccare il volo” ottenendo importanti riconoscimenti e titoli che non avrebbero avuto se fossero rimasti “a casa”. I cosiddetti cervelli in fuga hanno un’età compresa tra i 18 e i 32 anni e sono la generazione più penalizzata perché vedono l’emigrazione non come una fuga, ma come un mezzo per soddisfare le proprie ambizioni.
Per questa generazione la scelta non è tanto partire, piuttosto restare. Infatti per chi resta, la scalata verso la realizzazione è difficile se non impossibile. Molti laureati, dopo aver cercato lavoro nel proprio settore di laurea senza risultati, sono costretti ad accontentarsi dei lavori più umili: c’è chi si accontenta di lavori part-time come call-center; chi si dedica a dare ripetizioni agli studenti; chi invece, cambiando totalmente settore, si ritrova a lavorare nei fast-food e nei centri commerciali.

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Insomma la situazione è critica sia da un lato, perché l’Italia lascia andar via i “cervelli”, che dall’altro: chi resta si ritrova a dover “sopravvivere” con lavori che non immaginava neppure di fare. La speranza è che questi ultimi non smettano di inseguire i propri sogni e che un giorno possano evitare di emigrare per poterli realizzare.

Mariagerarda Valitutto