Pena di morte: la situazione oggi nel mondo

Le campagne di Amnesty International per l’abolizione definitiva della pena di morte in tutti gli stati del mondo.

 

La pena di morte è quella forma “legalizzata” di punizione che lo Stato può infliggere al condannato, decidendo di togliergli la vita. Tuttavia spesso vengono puniti anche coloro che hanno commesso reati lievi o avversari politici. Nel peggiore dei casi le vittime di questa pena sono gli “innocenti”, cioè quelle persone che erroneamente vengono condannate per reati che non hanno commesso e quindi uccise ingiustamente. Spesso, infatti,  i processi non sono equi e regolari e possono comportare la fine di ogni speranza per l’imputato.

L’impiccagione e la fucilazione sono i metodi di esecuzioni più comuni al giorno d’oggi, mentre la sedia elettrica, il gas e l’iniezione di veleno vengono applicati solo negli USA. Cinque paesi utilizzano la decapitazione e sette la lapidazione in base alla legge islamica. Queste pene sono crudeli e possono provocare un’enorme sofferenza del condannato nei casi in cui non vengano effettuate correttamente. Infatti vi sono stati casi in cui i condannati non sono morti subito dopo l’esecuzione ,ma dopo qualche minuto. In questo modo oltre la pena hanno dovuto subire sofferenze atroci prima di morire. Gli Stati che eseguono maggiormente esecuzioni sono, nell’ordine, Cina, Iran, Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti. In particolare,  secondo le ricerche effettuate da Amnesty International, nel 2015 la Cina ha eseguito circa mille condanne, l’Iran circa 900,il Pakistan 300, l’Arabia Saudita intorno alle 100 esecuzioni  e gli Stati Uniti 30.

Come dimostrano le indagini condotte dalla stessa  Amnesty i paesi sostenitori della pena di morte  applicano questa forma di condanna  per vari motivi: per impedire che i criminali possano commettere delitti più crudeli di quelli che hanno già commesso; per dissuadere la popolazione dal commettere gli stessi crimini; per dimostrare alla popolazione che la giustizia funziona; per rispondere all’esigenza di giustizia dei parenti della vittima; per eliminare fisicamente l’avversario politico del governo in carica. Tuttavia negli anni è aumentato il numero degli abolizionisti che si oppongono alla pena di morte, soprattutto per motivi morali. Infatti, al di là dell’atrocità di questo strumento, nessun uomo ha il diritto di togliere la vita a un altro uomo, indipendentemente dal reato commesso. Proprio partendo da questo principio è nata Amnesty International, l’organizzazione internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. Dalla sua fondazione, nel 1961 a Londra, Amnesty ha fatto molto per cercare di abolire la pena di morte in tutti gli Stati del mondo, usando argomenti di tipo etico, sociale, giuridico, medico e psicologico. Amnesty si oppone incondizionatamente alla pena di morte, ritenendola una punizione crudele, disumana, degradante e ormai superata e sostenendo che viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Inoltre il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione. Nel 1977, quando Amnesty partecipò alla Conferenza internazionale sulla pena di morte a Stoccolma, i paesi abolizionisti erano 16.

Oggi più dei due terzi dei paesi del mondo ha abolito la pena capitale. Infatti Amnesty ha dimostrato come negli Stati favorevoli a questo tipo di pena, gli omicidi fossero maggiori rispetto a quelli che l’avevano abolita. Coloro che avevano commesso un reato non avevano nulla da perdere, in quanto, arrendendosi, sarebbero comunque stati condannati. Così, recependo questo punto di vista, molti Stati  hanno cominciato  a cambiare opinione e, negli anni ’90 si è assistito ad un’accelerazione della tendenza mondiale verso l’abolizione. A partire dal 2007 fino al 2014, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede una moratoria sulle esecuzioni. Tale risoluzione costituisce uno strumento efficace nel persuadere i paesi ad abbandonare l’uso della pena di morte. In totale negli ultimi anni sono 22 i paesi che hanno eseguito condanne a morte. Questo numero è diminuito quasi della metà rispetto al 1995, quando le  condanne a morte erano state eseguite in 41 paesi.  Nel mondo, infatti, 140 paesi hanno già abolito la pena di morte. Ciò che i paesi hanno imparato è che quest’ultima non si giustifica mai e che il progresso vero nel campo della giustizia non lo si misura sulla base della punizione inflitta ai colpevoli, ma sulle capacità che gli uomini hanno di non ricreare quelle condizioni che facilitano il crimine, cioè attuando la rieducazione , così come recita  l’articolo 27 della Costituzione italiana:”Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Giornata mondiale contro la pena di morte
Giornata mondiale contro la pena di morte

Così il 10 Ottobre di ogni anno si celebra la “Giornata mondiale contro la pena di morte”, un momento importante in cui tutto il movimento abolizionista riflette sui successi ottenuti e sui passi ancora da compiere.

Simone Motta