Le carceri: una realtà diversa dalla giustizia

Nel corso degli anni il susseguirsi di numerose notizie relative ad abusi avvenuti nelle carceri italiane ha innescato numerosi dibattiti sulla legittimità di alcune pene. Come afferma Cesare Beccaria (ne “Dei delitti e delle pene”) una pena si definisce giusta e utile quando è breve il tempo trascorso tra quest’ultima e il delitto commesso, in quanto per il colpevole la pena costituirà  l’ effetto necessario ed immancabile del reato. Inoltre lo scopo della pena deve essere quello di rieducare e reinserire un uomo, ritenuto reo, nella società.

20130903_cucchiMolte volte però questo non avviene, causando al reo persino la morte, come  è accaduto  a Stefano Cucchi, morto  nell’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009 a causa di gravi ferite ed ecchimosi, procurategli durante la custodia cautelare. Numerosi processi avvenuti dopo la sua morte sono serviti solo per scagionare dalle accuse medici e infermieri, accusati di non aver dato il giusto soccorso all’uomo, nascondendo cosi la vera causa della morte: ovvero le torture.

Cosa dice la Costituzione Italiana

Per capire però, se alcune pene possano essere comminate, bisogna analizzare la funzione del carcere così  come viene concepito dalla nostra costituzione. L’art.13 stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva, mentre l’art. 27 recita che nessuno può essere considerato colpevole prima che si giunga a dimostrarne la  reale colpevolezza  e se ciò non avviene i giudici devono assolverlo. Ma ci si chiede se è giusto che un uomo, dopo essere stato arrestato per aver commesso un crimine più o meno grave, debba subire soprusi dagli organi giuridici che, invece, dovrebbero garantire la sicurezza di un cittadino ed in questo caso anche il reinserimento nella società.

Oggi però, sebbene la legge sancisca precise regole alla quale attenersi, è davvero difficile trovare carceri dove non si  commettano infrazioni.

Le carceri Italiane

Difatti  il 34% dei detenuti delle carceri in Italia è  in attesa di giudizio e tra questi, la maggior parte sono stranieri, perché nella maggior parte dei casi gli immigrati “finiscono dentro per reati minori rispetto agli italiani”. Insomma, “Due pesi, due misure”.

Il nostro, l’Italia, è un paese dove l’applicazione delle leggi e delle misure alternative varia (e di molto) a seconda delle regioni!

Sono 19.037 i detenuti che devono scontare una pena residua inferiore ai tre anni, ovvero il 56% della popolazione detenuta e condannata ha una pena che potrebbe scontare fuori dal carcere.

Lo prevede la legge, ma non sempre è garantito il diritto all’affettività e le visite, gli incontri con parenti spesso sono complicati. Tanto che  in cella, punito,è come se non ci fosse solo chi ha sbagliato, ma tutta la famiglia. I dati raccontano meglio di tutto il mondo dell’attesa, di un incontro, di quei minuti concessi nei parlatori, dove la riservatezza, l’intimità spesso è un sogno. In 123 carceri è possibile per i familiari prenotare le visite. In 148 carceri è possibile fare colloqui di domenica. In 98 le visite sono sei giorni a settimana. In 172 carceri vi sono spazi, anche se non sempre sufficienti, per i bambini figli di detenuti.
Proprio i colloqui sono uno degli elementi che più influenza la quotidianità del detenuto. E così nel panorama delle piccole e grandi carceri c’è Frosinone, dove i familiari sono costretti ad attendere parecchie ore in uno spazio esterno con copertura, prima di accedere al colloquio, mentre a Palermo i parenti si mettono in fila a partire fin  dalle 4 del mattino e questo accade anche in piccoli istituti come Eboli, dove  non è ancora stato attivato un sistema di prenotazione dei colloqui, cosicché si creano lunghe file di familiari in attesa sin dalle prime ore della giornata.

Però, in questi anni sono stati  avviati alcuni progetti nelle carceri:sono 840.116 i libri presenti nelle biblioteche carcerarie con una media di 4.352 libri per carcere e 15 libri a detenuto. Molti libri sono però edizioni vecchie e poco utili di testi scolastici.
Lavora il 29,73% dei detenuti. Di questi solo una piccola parte, il 15%, ha un  datore di lavoro privato. Sono solo 612 i detenuti impiegati in attività di tipo manifatturiero,di cui  208 in attività agricole. Dunque la gran parte lavora per l’amministrazione penitenziaria, impiegata  in attività domestiche. Lavorare in carcere significa essere occupati per poche ore settimanali e guadagnare in media circa 200 euro al mese.
-Nel corso dell’anno scolastico 2014/2015 nelle carceri italiane sono stati attivati 1.139 corsi scolastici. 17.096 sono stati gli iscritti e 7.096 i promossi alla fine dell’anno. Circa la metà degli iscritti e dei promossi erano stranieri. “L’istruzione è un diritto, nonché il più grande fattore di emancipazione e di riscatto per chi ha un passato legato al mondo della criminalità”.

L’ordinamento penitenziario

Eppure la legge è dettagliata e facilmente comprensibile. L’art.1 dell’ Ordinamento penitenziario chiarisce che « Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona” , deve essere “improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose”. Inoltre “negli istituti non possono essere adottate restrizioni non indispensabili ai fini giudiziari. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati  deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti».

Per mantenere effettivi i diritti dei detenuti, così come garantiti dall’ Ordinamento penitenziario, che per legge dovrebbero esser già garantiti dall’amministrazione penitenziaria e con l’ ulteriore vigilanza dei magistrati di sorveglianza, diverse regioni o comuni hanno istituito un garante dei diritti dei detenuti con funzione di sollecitazione verso l’amministrazione penitenziaria, garanti che poi hanno trovato riconoscimento legislativo dall’autorizzazione loro concessa di visitare le carceri ed incontrare i detenuti.
Il decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 146 ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà, organismo dotato di effettivi poteri di controllo dello stato di detenzione, anche su indicazione dei garanti locali, nello stesso periodo viene pure istituito un effettivo procedimento giudiziario per l’accertamento di eventuali abusi.

Dal 28 giugno 2014 è in vigore nel nostro paese una legge che stabilisce un risarcimento ai detenuti che hanno subito condizioni di abnorme sovraffollamento od altri trattamenti contrari al senso di umanità, secondo le direttive della CEDU – Corte europea per i diritti dell’uomo.
Per questo molte associazioni da anni operano per garantire i diritti dei carcerati,lottando anche in molte parti del mondo per l’abolizione di pene  ingiuste.In Italia, una per tutte, è impegnata su questo fronte,   l’ associazione Antigone.